PROGETTO "JA:hr für Europa", ERASMUS+ Elisa Cassinelli, 22 anni Germania
Mi chiamo Elisa, vengo da Pinerolo e sto lavorando come volontaria presso il centro culturale per ragazzi “JOJO“ di Lipsia, in Germania. Sono già trascorsi ormai quasi sei mesi, e finora qui non c’è mai stato un giorno uguale all´altro. Tra corsi di teatro, ceramica, fotografia, disegno, creazioni fai da te e molto altro non ci si può annoiare. I bambini tedeschi sono svegli, vivaci e indipendenti e ogni giorno vogliono fare, costruire o pitturare qualcosa di diverso.2
Col passare dei primi mesi è però emerso un altro aspetto del mio lavoro che ha plasmato, influenzato e migliorato le mie giornate, un aspetto del tutto inaspettato e sconosciuto per me prima d´ora: il contatto diretto con i rifugiati, arrivati in gran numero a Lipsia in questi mesi. Nel centro accoglienza rifugiati che si trova vicino al mio posto di lavoro si apre un mondo totalmente multiculturale, dove tradizioni, paesi, lingue e abitudini differenti si ritrovano a convivere sotto lo stesso tetto.
Inizialmente abitato da molti albanesi, adesso il centro ospita prevalentemente rifugiati siriani, afghani e iraniani, assieme ad alcuni russi e ceceni. Molti vengono da noi a pitturare e giocare, sia bambini sia ragazzi sia intere famiglie.
3Dopo pochi incontri s’inizia già a instaurare un certo legame, che sia di fiducia, di simpatia o di vera e propria amicizia. Hanno tanto da raccontare, così tante storie, a volte però per il timore di rievocare brutte esperienze non si sa che cosa si possa chiedere e che cosa no. Sono però spesso loro stessi che raccontano pian piano qualcosa di loro, non solo parlando (anche perché la maggioranza non sa né il tedesco né l´inglese né tantomeno l’italiano), ma anche disegnando. Bandiere dei loro paesi, scritte nella loro lingua, gesti, tutto è utilizzato per cercare di trovare una via alternativa per comunicare. A volte tornando a casa mi stupisco di quante cose sia riuscita a dire e capire, senza che ci sia una vera e propria lingua in comune con le persone con cui ho parlato. Loro parlano arabo,4 io rispondo in tedesco, e la comunicazione non si sa come ma funziona. Non ho mai incontrato così tanta gentilezza e ospitalità come con queste persone, che meno hanno e più offrono.
L´incontro settimanale con questi ragazzi si è trasformato in un appuntamento sempre più frequente, tanto che a me e alle mie colleghe è venuta l´idea di avviare un progetto fotografico, in cui si potesse trovare una via di espressione nuova e divertente. Il risultato è stato la creazione di un alfabeto vivente, cioè lettere create con i nostri corpi, a gruppi di due o tre persone, che sono state fotografate dagli stessi ragazzi, 5modificate al computer con Photoshop e unite insieme per formare delle parole. Abbiamo scelto in particolare la parola tedesca “Meinungsfreiheit” (libertà di opinione) come simbolo del progetto, abbiamo così stampato le varie lettere e le abbiamo appese nella sala d´attesa del loro centro di accoglienza, per renderlo più vivace e personalizzato.