PROGETTO "Make up your Mind", ERASMUS+ Elisabetta Cocco, 27 anni Portogallo
Ho deciso di scrivere questo articolo di “fine-periodo” come un diario. All’inizio del mio SVE sono riuscita a fare una “relazione” ogni mese, ma dopo alcuni mesi, per essere sincera, ho avuto un calo di motivazione. Ora ho superato i 4 mesi senza scrivere, il chè tra l’altro è strano, per essere una persona a cui è sempre piaciuto scrivere. Non ha aiutato il fatto che durante l’estate, non ci sia stato molto da scrivere. E’ normale che ci sia meno attività durante l’estate, da un lato. Ma questa volta, al contrario delle altre, non voglio elencare nel dettaglio le attività svolte. Mi piacerebbe parlare delle persone e delle emozioni. Per iniziare, vorrei parlare della mia collega volontaria. Sono sempre più convinta che sia stata una fortuna che io sia capitata in un progetto ed un’associazione in cui ospitano di solito due volontarie alla volta. Lei è argentina, peruviana e spagnola allo stesso tempo. E’ più piccola di me e si vede nel suo entusiasmo. E’ assistente sociale, ha sempre fatto molto volontariato e aiutato la sua famiglia nel ristorante di loro proprietà. Quando è arrivata in Portogallo, era abbastanza triste ed aveva bisogno di un cambiamento nella sua vita, al contrario di me che quando sono arrivata avevo l’entusiasmo a mille. Nella riunione di metà periodo ci è stato chiesto dalla nostra tutor coordinatrice di disegnare una linea emotiva nel tempo dall’inizio del nostro progetto fino a quel momento, e le nostre, pur essendo nate in due punti molto diversi della coordinata verticale del grafico, sono terminate quasi allo stesso punto. Avevamo infatti condiviso la perdita di motivazione dell’ultimo periodo. Alti e bassi, come si suol dire. Comunque è una figura importante per me, in alcune giornate particolarmente difficili. Lei tra l’altro è anche più in difficoltà di me poiché è nella sala con i bambini da 4 ai 12 mesi, e deve cambiare pannolini, per esempio, oppure è spesso ammalata a causa dei microbi. Il nostro progetto è sempre determinato da un grande impegno proprio fisico. Correre dietro ai bambini, fare i letti, dar loro da mangiare, pulire, organizzare le feste nell’asilo. Per questo ammiro ancora di più le mie colleghe educatrici e ausiliari. Pur essendo alcune anche molto più anziane di noi, non si fermano mai e fanno tutto con motivazione. Visto che le ho nominate, la collega educatrice della mia sala (bambini dai 12 ai 24 mesi) andrà in congedo di maternità tra un mese. Ricorderò per sempre quando ci ha annunciato che era incinta. Il terzo maschio! Non è stato facile guadagnare la sua fiducia, ma lei è stata quella che più di tutte mi ha sempre ricordato il mio ruolo di volontaria, quando mi ha visto lavorare troppo. A Natale, insieme ai bambini, mi ha regalato dei cuoricini di cioccolato che abbiamo mangiato tutti insieme. I bambini mi hanno abbracciata tutti insieme ed io ho pianto di commozione. Mi sono sentita parte di qualcosa, nonostante la stanchezza (fisica e mentale). Provo molta ammirazione anche per la collega della sala dei neonati. Più giovane di me, lavora e studia allo stesso tempo anche lei. E’ molto professionale ed ha una pazienza infinita. Anche la direttrice dell’asilo ha molto rispetto per lei. Una delle 3 ausiliari è la più anziana del gruppo, nonostante questo è quella con più forza ed energia fisica. E’ piena di risorse e gentile. Un’altra, quella che si occupa della cucina, è brasiliana, con una storia di vita difficile alle spalle, ma sempre con un ottimismo impeccabile. Lei è quella che è stata più vicina a me e l’altra volontaria all’inizio, nel processo di integrazione nel gruppo. La nostra associazione è divisa in due parti, un asilo nido, in cui noi passiamo la maggior parte del tempo, ed un centro di risorse psicopedagogiche, in un’altra sede. Abbiamo svolto purtroppo solamente due attività limitate nel tempo con le due psicologhe del centro; dico purtroppo perché sono state una ottima occasione (anche in termini di qualità delle attività) di uscire dalla routine dell’asilo che in un certo periodo ci stava mandando in burn-out. Con una delle due psicologhe in particolare abbiamo stretto un rapporto più stretto, di condivisione. Per quanto riguarda la nostra associazione coordinante, è all’interno della stessa struttura dell’asilo. Questo ci permette di incontrare altri volontari che vi lavorano (una decina) quasi tutti i giorni all’uscita dall’asilo. Da un lato è positivo averli così vicini, dall’altro a volte è difficile evitare di confrontare il nostro progetto con il loro. Svolgono attività varie, stimolanti anche dal punto di vista intellettuale. La mia tutor coordinante è sempre stata disponibile e sincera con me. E’ giovane e determinata, è stata lei a darmi la notizia che ero stata scelta per il progetto, quindi probabilmente dal primo momento associo a lei una emozione positiva. E’ sempre stata capace di mettere le mie idee al posto giusto. Quest’associazione si trova all’interno del più grande quartiere di case popolari della penisola iberica. Nonostante questo, i bambini non provengono da famiglie con difficoltà economiche e neanche sociali o psico-fisiche. Non vivono nel quartiere ma al contrario, alcuni provengono dal quartiere adiacente, che paradossalmente è il più benestante di Lisbona. Il finanziamento dell’asilo è suddiviso tra retta da parte delle famiglie, una percentuale di donazioni di enti di credito ed una parte di finanziamento pubblico. Per questo come volontaria mi sono sentita più motivata durante le attività strettamente legate al miglioramento della convivenza e della qualità della vita all’interno del quartiere, o a contatto con il centro di risorse psico-pedagogiche. Tra l’altro mi ha stupita fin dall’inizio il decoro e la cura, nonché l’attenzione mediatica e le iniziative che ruotano intorno al quartiere. Vi sono diverse associazioni a scopo non lucrativo e la Circoscrizione è tra le più presenti sul territorio. Quando parlo di routine intendo il fare e disfare i letti di 15 bambini, dar loro da mangiare, pulire gli spazi dell’asilo, sorvegliarli durante il riposo pomeridiano, lavare loro i denti e le mani. E’ ovvio poi che passando così tanto tempo con loro, a volte più di quanto ne passino con gli stessi genitori, si crei un legame con loro, nonostante siano così piccoli, o forse anche proprio per questo. Tra un mese termina il mio progetto e l’unica cosa che mi rattrista è il non vederli più. Quando sono molto stanca o stressata abbracciarli è come una terapia. Un’altra attività che mi ha aiutata molto in questi mesi nei momenti di stanchezza psico-fisica è la danza. Era una passione che avevo già incontrato quasi 3 anni fa, ma che ho potuto alimentare grazie al fatto di essere venuta a vivere a Lisbona, poiché qui si trova la più famosa scuola di danza d’Europa di Forrò (una danza di coppia di origine brasiliana). Per quanto riguarda la vita a Lisbona, condivido l’appartamento con una mia amica. Abbiamo solo due camere da letto, il chè è un lusso in confronto agli appartamenti da circa 10 persone in cui di solito convivono i volontari o gli altri borsisti Erasmus+. Anche l’affitto è tra i più economici di Lisbona; come è noto, la città si è inscritta oramai da anni all’interno dell’andamento contraddittorio di molte città turistiche europee in cui gli affitti e le vendite di immobili sono cresciuti in maniera esponenziale non accompagnati però dalla crescita economica del paese e di conseguenza dall’aumento dei salari. Ci ritroviamo quindi nella situazione in cui una stanza singola in città costa tra i 300 e i 400 € mentre il salario minimo sindacale è a 600€ (nel 2018, 580€). E’ vero che il vitto è ancora comunque più economico che in Italia e Lisbona non è comunque rappresentativa del resto del Portogallo. La formazione di metà periodo con tutti i volontari del Portogallo è stata un tuffo nell’anima. A partire dal fatto che mi ha permesso di visitare posti nuovi e posti in cui avevo svolto il mio primo Erasmus. Mi sarebbe piaciuto che ce ne fosse stata un’altra a fine periodo, per aiutarmi a affrontare questa fase, ma proprio per questo, al mio ritorno in Italia, farò visita alla mia organizzazione inviante, a Bologna, anche per conoscere persone che mi sono state vicine anche a distanza ma con le quali purtroppo ho parlato soltanto per e-mail per un anno.